Monday, September 21, 2009


AL CLUB NAUTICO PESCARA SIMPATICA MANIFESTAZIONE VELICA ABBINATA ALLA GASTRONOMIA DI BORDO ***Cooking Cup 2009 domenica 20 settembre 2009




Testi e foto digitali di:

Erminio D’Alessandro

Organizzata dal Club Nautico di Pescara, ormai alla terza edizione, ha preso il via domenica 20 settembre la Cooking Cup 2009. Diciassette le barche e gli equipaggi alla partenza in una mattina di sole con un vento fresco da nord/nord-ovest di una decina di nodi (vedi foto 1 le fasi della partenza). Il campo di gara sulla riviera nord di Pescara, dalla diga foranea sino al traverso dei grandi alberghi di Montesilvano, la boa era posizionata esattamente alla latitudine di 42° e 32’ nord e longitudine 014° e 11’ est, per tornare al punto di partenza ove era sistemato l’arrivo, per una decina di miglia in tutto. Il regolamento prevedeva la preparazione a bordo di un primo piatto per sei persone durante lo svolgimento della regata, piatto da presentare “fumante” all’ingresso del porto, nei locali del club nautico di Pescara, ove una giuria di buongustai ha assegnato quattro votazioni per ogni piatto in funzione della presentazione ed estetica del piatto, della difficoltà di esecuzione, della bontà e della novità/fantasia.

Essendo contemporaneamente lo skipper ed il cuoco della mia barca, è stato necessario trovare un secondo skipper, in grado di prendere le redini nel momento in cui passavo ai fornelli. L’amico e vicino di banchina Massimo, si è offerto di entrare nella squadra e pur non avendo alcuna dimestichezza della mia barca, ci ha caricati a dovere con il ruolo di tattico e di skipper quando sono passato ai fornelli. Una buona partenza e subito tra le prime barche veloci di bolina poi sono iniziati i primi bordi per guadagnare il largo e portarci a tiro della boa di virata, (nella foto 2 un incrocio con un’altra imbarcazione impegnata nella regata), quattro virate veloci e siamo entrati tra i primi alla boa tra le barche della classe libera, dietro unicamente ad alcune barche da regata della classe ORC (nella foto 3 alle manovre). Una volta sul “bastone” del ritorno, con attenzione abbiamo sostituito il genoa da 44 mq con il gennaker da 105 mq (vedi foto 4) e la barca è partita superando sotto le raffiche gli otto nodi di velocità (vedi foto 5 strumento velocità 8 nodi di GPS) , mentre io ero intento alla preparazione del mio primo piatto.
Con un paio di strambate finali abbiamo superato la linea del traguardo classificandoci al primo posto della classe libera.

Nel frattempo, sotto coperta (vedi foto 6), il mio primo piatto prendeva forma, “anellini alla Capriccio” dal nome della mia barca. Soffritto di aglio ed olio con panocchie tagliuzzate, un goccio di cognac e poi pomodoro fresco a pezzetti, il tutto mantecato alla cottura degli anellini, con ricotta di pecora e guarnito nel piatto di portata con prezzemolo ed anelli di peperoncino fresco rosso.
Puntuali all’arrivo (vedi foto 7) abbiamo depositato le sei porzioni presso la giuria del Club Nautico, fiduciosi delle nostre possibilità. Purtroppo il mio piatto è stato giudicato solo da due giudici su quatto (vedi foto 8), in quanto arrivato con troppo anticipo sull’insediamento della giuria. Ne sono risultati avvantaggiati gli ultimi piatti presentati che con la giuria al completo hanno conquistato i primi posti.
In conclusione siamo andati troppo forte a vela per conquistare una delle prime posizioni nella speciale classifica dei cuochi, ma ci rifaremo l’anno prossimo. Nelle foto 9 e 10 il primo premio per la classe libera e l’equipaggio al completo.

Monday, March 30, 2009

I PROBLEMI PORTUALI DI PESCARA ***I PESCATORI NON VOGLIONO ANDARE NELL’ACQUA SALATA *** I PRIGIONIERI DEL MARINA








Ci sarebbe tanto da dire sui problemi portuali di Pescara. Mi limiterò in questa nota a parlare di due argomenti sentiti da tre comunità:, marineria da pesca, balneatori e utenti deel porto turistico. Cominciamo dai pescatori.Come tutti gli interessati alle vicende marinare della nostra città hanno potuto constatare, in questi giorni è stato discusso il piano regolatore portuale e si sono sentite diverse voci di dissenso che, a parte la strumentalizzazione politica della opposizione intenzionata a far slittare il piano regolatore a dopo le elezioni, meritano approfondimenti per correggerne significative impostazioni.La costruzione della darsena peschereccia viene fortemente criticata dai pescatori ed anche dai balneatori. I primi dicono che è troppo piccola per contenere tutta la flotta e le attrezzature relative.I secondi temono che il manufatto cancelli dalla spiaggia almeno un paio di stabilimenti.In effetti la darsena così some è stata progettata, tenendo conto anche del limitato spazio a disposizione per non penalizzare troppo la riviera Nord, risulta sicuramente troppo piccola.Ma c’è un aspetto ancora più importante che spinge il popolo della pesca a protestare: il passaggio dall’acqua dolce del fiume a quella salata del mare rappresenterebbe un aggravio notevole di spese per la manutenzione degli scafi e dei motori. Il porto canale può continuare egregiamente ad ospitare le barche da pesca e i club nautici a monte purché il fiume sia tenuto costantemente navigabile e disinquinato. Ciò potrebbe essere facilitato anche dalla deviazione dell’attuale canale, come prevede il nuovo piano regolatore, e il suo prolungamento fin oltre l’attuale diga foranea. In tal modo si eviterebbe il ristagno delle acque, come avviene attualmente all’interno della diga e il deflusso sarebbe sensibilmente facilitato diminuendo l’interramento su tutto il tratto interno.I PRIGIONIERI DEL MARINAFacendo un rapido giro tra gli utenti del Marina mi sono reso conto dell’assurda situazione in cui si trovano attualmente i proprietari di barche che hanno speso fior di vecchi milioni per acquistare un posto di attracco e che non possono uscire in mare perché all’imboccatura del porto turistico in certi punti c’è addirittura il fondale di appena un metro. Per chi non lo sapesse la più piccola delle barche a vela con deriva pesca molto di più e qualche sfortunato armatore nei giorni scorsi, nel rientrare in porto, per facilitare l’uscita di un altro natante, si è incagliato subendo danni all’opera viva.Quasi tutti i natanti attraccati all’interno del marina non possono uscire in mare, comprese diverse motovedette delle forse dell’ordine. Ci troviamo di fronte a dei veri e propri “prigionieri del marina”.Mentre all’interno del bacino la profondità è costante l’imboccatura soffre di un interramento continuo dovuto ad una scelta infelice dei progettisti che hanno preferito formare un ridosso dalle traversie troppo vicino alla riva.In tal modo i giochi delle correnti portano accumulo di sabbia nella zona di calma dell’imboccatura come accade dietro le scogliere frangiflutti posti per proteggere e riformare le spiagge erose.Questo inconveniente potrebbe essere ridotto proteggendo il canale d’ingresso del porto con una barriera leggera spostando verso Nord l’imboccatura ad una profondità di 4/5 metri. Ciò garantirebbe una maggiore durata dei fondali oltre che una navigazione più sicura.Ma i problemi dal complesso portuale non si esauriscono qui. L’allarme lanciato giorni fa da Bruno Santori per la ridottissima capacità di manovra delle navi all’interno della darsena esterna dove non possono per altro entrare navi di pescaggio superiore a 4 metri e mezzo, rappresenta un altro grave problema ma di cui parlerò in un’altra occasione. Intanto speriamo che la nuova amministrazione regionale guardi con più attenzione ai problemi delle infrastrutture di tutto il territorio e soprattutto a quelli della costa Adriatica dove potrebbero approdare merci e passeggeri che ora sono dirottati nei porti di Bari o Ancona.

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Thursday, March 26, 2009



COME SI PESCAVA SI PULIVA E SI CUCINAVA IL PESCATO A BORDO DELLE “PARANZE”




Non vorrei scandalizzare nessuno se vi dico che la troppa “pulizia” spesso rovina il pesce. Io, per esempio, ero convinto che lavare le acciughe sotto l’acqua corrente durante la pulitura fosse il modo migliore per prepararle alla cottura.
Poi frequentando la marineria della mia città ho capito tante cose su come pescare, pulire e cucinare il pesce.

Quando il motore non ancora entrava a bordo delle barche da pesca le nostre “paranze” (il termine è stato rubato dall’autore di una nota canzone di successo di qualche anno fa) uscivano in mare e, se il tempo lo permetteva, pescavano anche per più di un giorno. Navigando a vela sfruttavano il più possibile i venti e si spingevano, a volte, nella zona di mare che in dialetto locale veniva chiamata “La cavallina” e corrisponde, grosso modo, ad una distanza di 30/40 miglia dalla costa. Era quindi necessario nutrirsi a bordo sfruttando il prodotto appena pescato.

Come prima cosa di sventrava il pesce e si conservavano i resti in un recipiente per usarli, eventualmente, come pastura nel caso ci si imbatteva con un banco di pesce azzurro.
Poi si lavava il pescato con la stessa acqua di mare e lo si teneva pronto per mangiarlo crudo o per cucinarlo. Bisogna però tener conto che sulle barche di una volta la cucina consisteva in una “fornacella” nella quale, sempre tempo permettendo, veniva acceso un poco di carbone per formare la brace su cui arrostire il pescato oppure per preparare un guazzetto o un brodetto.

A bordo non c’era frigorifero e quindi per preparare i sughetti per il brodetto su usava il peperone secco trito al mortaio che poteva conservarsi ottimamente in ambiente umido a differenza del pomodoro. Gli odori freschi (aglio, cipolla, prezzemolo) venivano conservati avvolti in pezze di lana bagnate con una spruzzatina di acqua di mare. Il pane cotto a legna poteva anche durare parecchi giorni e non era necessario acquistarlo ad ogni uscita quotidiana.

Tornando al 2009 gli scenari sono cambiati ma rimangono la sane abitudini dei pescatori che preferiscono mantenere le tradizioni degli antenati anche se l’inquinamento del mare consiglia di usarla solo molto al largo, per lavare il pesce. Ora sulle barche c’è una spartana cucina adatta a soddisfare le esigenze degli equipaggi che restano in mare più di un giorno. Spesso si preferisce un brodetto che serve anche per condire la pasta. Viene anche oggi usato il peperone dolce secco tritato che dà un colore rossastro alla salsa e un sapore particolarmente appetibile che si abbina alla pasta e al pescato.

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Wednesday, January 07, 2009


Turismo nautico qualificato ***Da Lastovo a Milijet (baia di Polace) ***




Testi e foto digitali di Erminio D’Alessandro

Mercoledì 20 agosto.
Mi alzo presto, tutti dormono, la quiete assoluta della baia di Ubli, nell’isola di Lastovo, induce l’equipaggio a trattenersi nelle cabine. Scendo a terra e faccio una doccia ristoratrice nei servizi dell’hotel Solitudo. Con calma e senza far rumore torno a bordo, preparo il caffè e sistemo il note book nel quadrato esterno per il collegamento ad internet. Mentre sorseggio il caffè guardo estasiato le previsione del tempo paragonando sia siti italiani che croati, tutti con verdetto unanime: ancora tre giorni di tempo stabile, sole, caldo e mare calmo. Dal 16 agosto condizioni meteo stabili sino al 23, sembra incredibile. Pian piano il profumo del caffè attira qualcuno in coperta, “… che ore sono? … quasi le otto!” Ne approfitto subito per mettere insieme un paio di uomini per lasciare l’ormeggio intorno alle 8 e trenta, abbiamo davanti più di trenta miglia per raggiungere dalla baia di Ubli nell’isola di Lastovo, la baia di Polace nell’isola di Milijet.

“Se riusciamo a fare almeno 4 nodi andiamo a vela” dico via radio al comandante di Lula, ma un navigante croato risponde in italiano “oggi non ci sarà vento”. Aggiriamo l’isola da nord, puntando verso est, una brezza scende dalle colline di Lastovo. Ottimista drizzo subito la randa e preparo il gennaker. “come và” mi chiede Nicola via radio “due nodi con la sola randa… apro il gennaker” rispondo. Con il gennaker gonfiato a stento dai 4 nodi di vento apparente di gran lasco, facciamo quasi tre nodi, troppo poco per affrontare più di trenta miglia. Insisto ancora per una mezzora, ma il vento, come previsto dal navigante croato, appena mi allontano dall’isola di Lastovo cessa completamente. Ammainate le vele procedo a motore su un mare piatto per recuperare un paio di miglia che mi separano da Lula che non ha issato le vele ed è andata avanti a motore a sette nodi. Dopo un paio di ore sono a pochi metri dalla poppa di Lula, mare liscio come l’olio, rallento, vento apparente uguale alla velocità della barca: sette nodi.

Intorno alle 13.30 entriamo nella baia di Polace a nord est dell’isola di Milijet (vedi foto n. 1). La sera precedente avevamo telefonato ad un ristorante per prenotare la cena e farci lasciare il posto nel suo pontile privato. Prima delle 14.00 tutte e due le barche erano ormeggiate sul pontile di legno (vedi foto n. 2) ed il ristoratore si rendeva disponibile a prepararci qualcosa di semplice e leggero anche per il pranzo. Sotto un sole cocente raggiungiamo la terrazza all’ombra poco distante e dopo qualche minuto due vassoi, uno di insalata di polpo ed uno di insalata mista riempivano la tavolata.
Nel pomeriggio tutti e due gli equipaggi, ad eccezione di me e mia moglie, con gli scooter a noleggio raggiungevano l’ingresso del parco di Milijet per una visita. Io e mia moglie approfittiamo per dare una generale pulizia alla barca, passiamo persino l’aspirapolvere e intorno alle sei del pomeriggio, sudati fradici, facciamo duecento metri a piedi verso l’esterno del fiordo per farci una nuotata ed un bagno ristoratore. La baia di Polace è semi vuota, non sembra il 20 agosto, solo al calar del sole poco a poco una trentina di barche calano l’ancora nella ampia baia per passarvi la notte (vedi foto 3) ed all’imbocco dell’insenatura una grande e meravigliosa barca a vela di almeno 100 piedi si sistema per la notte (vedi foto 4).

La serata è scontata, il ristoratore ci ha già mostrato a pranzo uno scorfano ed un pesce san pietro, freschi e di buona taglia, che ci verranno serviti con vari contorni cotti alla brace ed un guazzetto di cozze. Niente male, una trentina di euro a testa il prezzo per una cena equilibrata.
La sera nella baia di Polace non c’è nemmeno l’illuminazione pubblica, le luci sono solo quelle di una decina di case e di cinque o sei ristoranti sul mare. Finita la cena, quindi, torniamo in barca e facciamo due chiacchiere mentre sorseggiamo un goccio di buon rum, pensando alla “tirata” dell’indomani sino a Dubrovnick, circa 35 miglia.