Monday, March 30, 2009

I PROBLEMI PORTUALI DI PESCARA ***I PESCATORI NON VOGLIONO ANDARE NELL’ACQUA SALATA *** I PRIGIONIERI DEL MARINA








Ci sarebbe tanto da dire sui problemi portuali di Pescara. Mi limiterò in questa nota a parlare di due argomenti sentiti da tre comunità:, marineria da pesca, balneatori e utenti deel porto turistico. Cominciamo dai pescatori.Come tutti gli interessati alle vicende marinare della nostra città hanno potuto constatare, in questi giorni è stato discusso il piano regolatore portuale e si sono sentite diverse voci di dissenso che, a parte la strumentalizzazione politica della opposizione intenzionata a far slittare il piano regolatore a dopo le elezioni, meritano approfondimenti per correggerne significative impostazioni.La costruzione della darsena peschereccia viene fortemente criticata dai pescatori ed anche dai balneatori. I primi dicono che è troppo piccola per contenere tutta la flotta e le attrezzature relative.I secondi temono che il manufatto cancelli dalla spiaggia almeno un paio di stabilimenti.In effetti la darsena così some è stata progettata, tenendo conto anche del limitato spazio a disposizione per non penalizzare troppo la riviera Nord, risulta sicuramente troppo piccola.Ma c’è un aspetto ancora più importante che spinge il popolo della pesca a protestare: il passaggio dall’acqua dolce del fiume a quella salata del mare rappresenterebbe un aggravio notevole di spese per la manutenzione degli scafi e dei motori. Il porto canale può continuare egregiamente ad ospitare le barche da pesca e i club nautici a monte purché il fiume sia tenuto costantemente navigabile e disinquinato. Ciò potrebbe essere facilitato anche dalla deviazione dell’attuale canale, come prevede il nuovo piano regolatore, e il suo prolungamento fin oltre l’attuale diga foranea. In tal modo si eviterebbe il ristagno delle acque, come avviene attualmente all’interno della diga e il deflusso sarebbe sensibilmente facilitato diminuendo l’interramento su tutto il tratto interno.I PRIGIONIERI DEL MARINAFacendo un rapido giro tra gli utenti del Marina mi sono reso conto dell’assurda situazione in cui si trovano attualmente i proprietari di barche che hanno speso fior di vecchi milioni per acquistare un posto di attracco e che non possono uscire in mare perché all’imboccatura del porto turistico in certi punti c’è addirittura il fondale di appena un metro. Per chi non lo sapesse la più piccola delle barche a vela con deriva pesca molto di più e qualche sfortunato armatore nei giorni scorsi, nel rientrare in porto, per facilitare l’uscita di un altro natante, si è incagliato subendo danni all’opera viva.Quasi tutti i natanti attraccati all’interno del marina non possono uscire in mare, comprese diverse motovedette delle forse dell’ordine. Ci troviamo di fronte a dei veri e propri “prigionieri del marina”.Mentre all’interno del bacino la profondità è costante l’imboccatura soffre di un interramento continuo dovuto ad una scelta infelice dei progettisti che hanno preferito formare un ridosso dalle traversie troppo vicino alla riva.In tal modo i giochi delle correnti portano accumulo di sabbia nella zona di calma dell’imboccatura come accade dietro le scogliere frangiflutti posti per proteggere e riformare le spiagge erose.Questo inconveniente potrebbe essere ridotto proteggendo il canale d’ingresso del porto con una barriera leggera spostando verso Nord l’imboccatura ad una profondità di 4/5 metri. Ciò garantirebbe una maggiore durata dei fondali oltre che una navigazione più sicura.Ma i problemi dal complesso portuale non si esauriscono qui. L’allarme lanciato giorni fa da Bruno Santori per la ridottissima capacità di manovra delle navi all’interno della darsena esterna dove non possono per altro entrare navi di pescaggio superiore a 4 metri e mezzo, rappresenta un altro grave problema ma di cui parlerò in un’altra occasione. Intanto speriamo che la nuova amministrazione regionale guardi con più attenzione ai problemi delle infrastrutture di tutto il territorio e soprattutto a quelli della costa Adriatica dove potrebbero approdare merci e passeggeri che ora sono dirottati nei porti di Bari o Ancona.

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Thursday, March 26, 2009



COME SI PESCAVA SI PULIVA E SI CUCINAVA IL PESCATO A BORDO DELLE “PARANZE”




Non vorrei scandalizzare nessuno se vi dico che la troppa “pulizia” spesso rovina il pesce. Io, per esempio, ero convinto che lavare le acciughe sotto l’acqua corrente durante la pulitura fosse il modo migliore per prepararle alla cottura.
Poi frequentando la marineria della mia città ho capito tante cose su come pescare, pulire e cucinare il pesce.

Quando il motore non ancora entrava a bordo delle barche da pesca le nostre “paranze” (il termine è stato rubato dall’autore di una nota canzone di successo di qualche anno fa) uscivano in mare e, se il tempo lo permetteva, pescavano anche per più di un giorno. Navigando a vela sfruttavano il più possibile i venti e si spingevano, a volte, nella zona di mare che in dialetto locale veniva chiamata “La cavallina” e corrisponde, grosso modo, ad una distanza di 30/40 miglia dalla costa. Era quindi necessario nutrirsi a bordo sfruttando il prodotto appena pescato.

Come prima cosa di sventrava il pesce e si conservavano i resti in un recipiente per usarli, eventualmente, come pastura nel caso ci si imbatteva con un banco di pesce azzurro.
Poi si lavava il pescato con la stessa acqua di mare e lo si teneva pronto per mangiarlo crudo o per cucinarlo. Bisogna però tener conto che sulle barche di una volta la cucina consisteva in una “fornacella” nella quale, sempre tempo permettendo, veniva acceso un poco di carbone per formare la brace su cui arrostire il pescato oppure per preparare un guazzetto o un brodetto.

A bordo non c’era frigorifero e quindi per preparare i sughetti per il brodetto su usava il peperone secco trito al mortaio che poteva conservarsi ottimamente in ambiente umido a differenza del pomodoro. Gli odori freschi (aglio, cipolla, prezzemolo) venivano conservati avvolti in pezze di lana bagnate con una spruzzatina di acqua di mare. Il pane cotto a legna poteva anche durare parecchi giorni e non era necessario acquistarlo ad ogni uscita quotidiana.

Tornando al 2009 gli scenari sono cambiati ma rimangono la sane abitudini dei pescatori che preferiscono mantenere le tradizioni degli antenati anche se l’inquinamento del mare consiglia di usarla solo molto al largo, per lavare il pesce. Ora sulle barche c’è una spartana cucina adatta a soddisfare le esigenze degli equipaggi che restano in mare più di un giorno. Spesso si preferisce un brodetto che serve anche per condire la pasta. Viene anche oggi usato il peperone dolce secco tritato che dà un colore rossastro alla salsa e un sapore particolarmente appetibile che si abbina alla pasta e al pescato.

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